giovedì 17 febbraio 2011

Settantenne racconta

Una storia ideata da un settantenne italiano.



In un Paese del mondo il cui nome rimane segreto, tre magistrate con sede nella più importante città si sono contemporaneamente rese irreperibili. Tutti i media sono impegnati sulla loro inspiegabile sparizione e, in quel Paese quando i media si aggrappano all'argomento del giorno, è ben noto che lo pongono in tale evidenza da riuscire a stancare chiunque. In questo caso anche i media internazionali hanno speso qualche spazio, quanto basta per commentare come si addice al Paese in questione.
Si suppone di tutto, fatto sta che niente e nessuno aiuta a capire la sparizione.
Ovunque posti di blocco, attivi i volontari della Protezione Civile; cani che fiutano ovunque, intercettazioni a manetta. Quasi impossibile descrivere l'apparato messo in moto da questo evento.
E chiunque si chiede il perché soprattutto in relazione all'incarico assegnato per sorteggio alle tre magistrate riguardante un delicato fatto per far emergere il quale la magistratura del luogo, e non solo, ha fatto impiegare risorse senza risparmio di mezzi e con tempestività di interventi senza precedenti.
Tutti costruiscono congetture su questa sparizione. Non ci si capisce più niente. Il fatto è definito di una gravità inaudita. Molte donne percorrono piazze e social network per denunciare sbigottimento, rabbia, attacco alla dignità femminile.
I politici sono divisi in due principali schieramenti: quelli che addossano colpe in un verso e quelli che le indirizzano al settore opposto. Tutti accavallano le voci. Il settantenne si interroga se sia diventato sordo o ebete. E impreca perché non afferra le frasi compiutamente, sebbene vengano urlate.
Intanto sulla sparizione, nonostante uno spiegamento di forze come non si era mai prima impiegato, non interviene un solo progresso.
E qui non si può andare avanti oltre, per forza occorre confidare nel domani, il termine di tempo che un'importante forza politica del Paese usa come riferimento abituale.
"A adesso", si chiede il settantenne italiano autore di questa storia, "quali riflessi potrà subire per il fatto di averla pubblicata e che, guarda caso, magari domani si manifestasse, così come scritto qui o in modo abbastanza simile?"


Per il momento il settantenne non ha una risposta da darsi.

mercoledì 16 febbraio 2011

Dignità, ma va là!

Ruby Karima. Una giovane donna appena diciottenne e già tanto provata dai fatti della vita. Una povera disgraziata nel senso di donna bersagliata dalla malasorte, colpita da continue disgrazie, che ha sopportato molte sventure, con l'eccezione che, forse, da ora in avanti, molto le andrà per il verso giusto se, come sicuramente le sapranno far fare, ora sfrutterà il suo momento. Sicuramente non un esempio da seguire, ma indicato come soluzione per sistemazione personale, come inizio di capovolgimento delle condizioni personali. Ritengo una donna convinta di possedere in sé le doti per affrontare la vita a rapide tappe. Non so valutare quanto intelligente e penso destinata ad essere usata nel modo più spinto che la situazione richiede per essere "sfruttato al meglio".

Una giovane donna giunta al presidente Berlusconi, non certamente per frequentazioni da persone normali per entrambi.
Ogni cittadino italiano, Berlusconi compreso, ha pagato e si prepara a pagare un prezzo sproporzionato anche con riferimento alle grazie di qualsiasi donna. E le donne centrano ben poco, salvo per alcune avere il momentaneo o interessato bisogno di portare in piazza il loro senso di disagio, o la sofferenza per la perdita della dignità auto stimata. Persone che si prestano a un gioco molto pericoloso.

Silvio Berlusconi

Silvio Berlusconi, un cittadino partito da origini diverse rispetto a quelle di Ruby, che ha bruciato le tappe come pochi, in una realtà italiana, e che è arrivato caparbiamente alla sua posizione, che rivela di non avere il senso della prudenza, quella che non deve aver mai praticata, altrimenti non si spiegherebbe la sua "salita".
Un personaggio da prendere a schiaffi per esprimergli il personale disappunto. Un settantaquattrenne che si va a cercare ripetutamente le situazioni che possono farlo cadere.
All'età di Ruby i danni che uno provoca riguardano quasi solo la stessa persona; all'età e nella posizione di Berlusconi i danni riguardano tutti e costano un prezzo che non si può accettare, né giustificare, o tentare di difendere.
Sostenere ulteriormente Berlusconi deve costare un prezzo più alto di quello che il Paese sopporterà per la sua sostituzione, con tutte le incertezze che ciò comporterà. Berlusconi ha fallito nel ruolo di fiducia che tanti italiani hanno riposto in lui. Ruby in questo fallimento non rappresenta che un'occasione. Il Paese è espressione di ben altro e di tutti i cittadini, la maggior parte dei quali è passabile, ma incapace ad esprimere scelte su uomini validi. È così da 150 anni, e ancora da ben prima.
Chiederci "e dopo?" non ha più tanta validità e deve preoccupare meno che mantenere queste condizioni.

E' fuori di questa realtà pensare a un possibile colpo di stato? 

Colpo di stato?

Ogni cittadino italiano, Berlusconi compreso, ha pagato e si prepara a pagare un prezzo sproporzionato anche con riferimento alle grazie di qualsiasi donna. E le donne centrano ben poco, salvo per alcune avere il momentaneo o interessato bisogno di portare in piazza il loro senso di disagio, o la sofferenza per la perdita della dignità auto stimata. Persone che si prestano a un gioco molto pericoloso.

E subentra una categoria privilegiata di cittadini che, una volta entrati nel loro ruolo, praticamente costano compensi esagerati, producono ciò che scelgono e rispondono solo a se stessi.
Nella cima della piramide alla cui base ogni cittadino si colloca e mantiene, in un momento nel quale nel Sud del Mediterraneo si assiste a movimenti di popolo, sicuramente orchestrati da pochi e altrove, ecco che una limitata cerchia di cittadini, spinge l'imprevidenza del presidente del consiglio dei ministri in una situazione che appena si può capire e i cui esiti non sono certi.
Ciascun cittadino al posto di Berlusconi o della solerte magistratura di Milano, e non solo, sta chiedendosi quante altre e diverse minoranze di cittadini stanno in questo momento pensando a come reagire? Non limitiamoci ai soli politici, ai nostri ideali politici, ai magistrati e pensiamo invece alle forze dell'ordine e armate, probabilmente stanche di un peso che è diventato difficile da sopportare. Di questi poteri leciti e ben presenti o di altri poteri pur esistenti che vengono confusamente considerati a presunti rischi ormai passati, pare che non ci si occupi, come se la nostra realtà dovesse essere immune dalle vicende mediterranee, e di ogni parte del mondo, che improvvisamente si presentano e chiedono il loro prezzo.
Se ogni cittadino, o la maggioranza dei cittadini, non esprime uno Stato degno di un certo livello di organizzazione democratica, si può ritenere che da noi non si stiano presentando le condizioni per un colpo di stato?
Ovunque il livello della sicurezza non offre più garanzie sufficienti, prima del manifestarsi del danno maggiore, da sempre e senza mai individuare per opera di chi, insorgono reazioni inattese. Esse hanno un connotato nazionale, ma generalmente sono promosse altrove, dove si avverte che l'instabilità può provocare pericolo per interessi soprannazionali, o si avverte l'opportunità di creare le basi per interessi particolari. Sia di stati che di organizzazioni criminali. E in gioco c'è il paese Italia, con la sua collocazione geografica, il suo patrimonio artistico, la sua appartenenza all'Unione Europea.
Può la decisione del giudice milanese per le indagini preliminari Cristina Di Censo, o la decisione delle magistrate Carmen D'Elia, Orsolina De Cristofaro e Giulia Turri, non provocare particolare attenzione per le forze che generalmente non operano alla luce del sole?
Io al suo posto, o meglio al loro posto, vuoi non tanto di Ruby, ma di Berlusconi, delle magistrate di Milano, e di chiunque forse può ancora intervenire in tempo, un pensiero ai limiti personali di ciascuno e della propria funzione, me lo porrei.
A voler conseguire risultati, perfino imboccando percorsi apparentemente semplici, quasi sicuramente si viene fermati e si finisce per pagare un prezzo molto caro.
Il "bocconcino" che non si chiama Ruby e che si chiama Italia, non può non fare gola a forze ben più determinate dei magistrati di Milano. Auguri Italia!